Il tuo percorso professionale ti ha portato alla creazione del BCG Centre for Climate and Sustainability e poi di BCG Green Ventures. Quale è stato, durante questi anni, il fattore scatenante che ha accresciuto il tuo interesse verso temi di sostenibilità e che ti ha spinto a focalizzare il tuo lavoro sul cambiamento climatico?
Ho avuto la mia “epifania” nel 2015. Nei primi anni in BCG (sono entrato nel 2011) ho lavorato principalmente nel settore energetico; nel 2015 durante un progetto per una delle più grandi aziende dell’energia a Londra, ho analizzato i possibili scenari di emissioni al 2030-2050, realizzando che tutti gli scenari che limitano l’aumento della temperatura entro 1.5-2 gradi erano basati su assunzioni irrealistiche ed ho capito che c’era un divario enorme tra dove stavamo andando e il target di COP21, l’accordo di Parigi. Da quel momento, ho sentito di avere una missione: contribuire a portare il mondo verso (net) zero. Questo mi ha spinto a essere una sorta di imprenditore all’interno di BCG e creare nuovi contenuti, offerte e partnership.
Di cosa si occupa esattamente il BCG Center for Climate & Sustainability: quali sono i suoi partners principali e quali gli obiettivi che si è prefissato?
Abbiamo fondato il BCG Center for Climate and Sustainability per aiutare governi, aziende e fondi d’investimento a transformare l’azione climatica in un vantaggio competitivo. Ora questa è diventata una vera e propria ‘practice’, molto attiva anche in Italia. Alcuni esempi di progetti sono: elaborazione della strategia per un paese per arrivare a zero emissioni e al tempo stesso rilanciare l’economia, sviluppo di nuove tecnologie come idrogeno verde o CCUS per aziende che vogliono riposizionarsi nella transizione climatica oppure identificazione di strategie di investimento per fondi che vogliono investire in innovazione legate al clima – abbiamo per esempio una partnership con Breakthrough Energy.
La practice Climate and Sustainability supporta anche istituzioni globali che accelerano il cambiamento a livello di sistema. Per esempio, siamo i consulenti di COP26 e COP27, e siamo i partner del World Economic Forum in ambito climate action. Il team e il lavoro in quest’ambito stanno crescendo esponenzialmente.
Cosa puoi raccontarci rispetto a BCG Green Ventures, qual è il motivo della sua fondazione?
In questo percorso mi sono reso conto che il tassello mancante per arrivare a zero emissioni è quello dell’innovazione: abbiamo ancora un gap di circa il 20%-50% rispetto ai 50+ gigatons di CO2 equivalent che emettiamo oggi e l’innovazione sarà fondamentale per raggiungere l’obiettivo. Inoltre, è anche la parte più eccitante e dove si creerà la maggior parte del valore.
Non possiamo pensare alla transizione soltanto come riproduzione delle stesse soluzioni ma a zero emissioni; questa è un’occasione incredibile per ricreare sistemi che siano migliori per i consumatori, per gli altri aspetti ambientali e per la società in generale. Si pensi alle macchine elettriche: oltre al problema delle emissioni risolveranno problemi legati alla qualità dell’aria, avranno performance migliori di quelle a petrolio e, tra poco, si guideranno da sole.
Con BCG, ho fondato Green Ventures per creare o accelerare business con impatto rivoluzionario sulle emissioni. Abbiamo 10 opportunity areas e 25 investment theses con focus diversi: dallo sviluppo di nuove soluzioni per scalare long duration energy storage (per esempio abbiamo lavorato con l’italiana Energy Dome), allo sviluppo di prodotti alternativi come proteine sintetiche o nuovi modelli di business per accelerare la diffusione delle tecnologie disponibili.
Come è stata la tua esperienza al World Economic Forum?
Se il COP26 è il forum più importante per l’azione climatica a livello di governi, a livello dei privati l’equivalente è il World Economic Forum. Tra 2019 e 2020 ho guidato il tema corporate climate action, lavorando con alcune delle aziende più ambiziose in ambito climatico attraverso vari settori: dall’energetico al bancario, dall’industriale al settore dei beni di consumo; al termine del progetto in Davos nel 2020, il Forum ha richiesto a tutti i membri di impegnarsi ad avere un target di (net) zero emissions e l’ha reso obbligatorio per le oltre 100 aziende parte dell’Alliance of CEO Climate Leaders. Per una piattaforma neutrale come il Forum, questo è stato un segnale importante, forse primo nella storia, e rappresenta solo un esempio di cosa può essere fatto per accelerare la transizione a livello di sistema.
Riscaldamento globale e sostenibilità: qual è, secondo te, il mezzo più incisivo per far capire ad aziende, individui e governi l’importanza di agire in tempo opportuno?
La parola sostenibilità è diventata pericolosa perché troppo generica e come target non porta ad azioni concrete – per “ESG” questo vale ancora di più. Il cambiamento avviene solo quando gli incentivi sono allineati e quindi aziende, governi o individui arrivano al punto di capire che agire è nel loro interesse. È quello che sta succedendo tra Cina, Europa e Stati Uniti per i quali ormai sarà una gara a chi svilupperà le tecnologie della transizione climatica. Si parla sempre della Cina come di un problema per il clima, ma in realtà è anche dove sono e saranno sviluppate su larga scala la maggior parte delle nuove tecnologie. La Cina è già in grande vantaggio rispetto agli altri e non lo fa per “fare la cosa giusta”, ma per creare un vantaggio competitivo nel proprio paese.
Ogni nazione, inclusa l’Italia, dovrebbe basarsi sui propri punti di forza. Abbiamo perso l’opportunità nel digital, ma credo fortemente che abbiamo tutte le capacità per essere tra i leader nelle nuove tecnologie fisiche legate alla transizione. Per me l’Italia potrebbe essere tra i leader nel cosiddetto climate deeptech, sfruttando le nostre competenze ingegneristiche e non solo, e anche gli importanti asset industriali.
Nessuno può fermare da solo il cambiamento climatico; tuttavia, l’azione di un singolo può contribuire e, se condivisa da altri, fare la differenza. Nel mondo di oggi, quali attività può portare avanti ciascuno di noi per mitigare la propria impronta ecologica?
Possiamo ridurre le nostre emissioni con le nostre scelte di trasporto, consumo, dieta; tuttavia, il vero impatto lo crei attraverso il moltiplicatore di un business o di un paese. È fondamentale agire all’interno delle nostre organizzazioni e della nostra società. Per chi lavora in azienda, può essere utile attivarsi per portarla al livello più ambizioso possibile – si pensi all’esempio di Amazon. Per ogni cittadino, è la partecipazione attiva o passiva e l’influenza che si crea su piccole e grandi scelte in questo ambito: l’introduzione della carbon tax è uno passaggio fondamentale per finanziare la transizone e i cittadini dovranno supportarla.
Infine, concludo dicendo che non c’è mai stato un momento più eccitante di oggi per diventare imprenditore, soprattutto in ambito climate tech!
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