STORIE DI SUCCESSO DALLA COMMUNITY: INTERVISTA A MASSIMILIANO BRUNO , HEAD OF PATRIMONIO RILANCIO - RISTRUTTURAZIONI, CDP

12.12.2024

Nova Administrator

Ciao Max, raccontaci due righe su di te. Da quasi 4 anni lavori in CDP, ci spieghi cosa fai esattamente?

Dal 2021, anno del mio ingresso in Cassa Depositi e Prestiti, mi occupo principalmente dello sviluppo del settore dei fondi turnaround (focalizzati sul risanamento di aziende in difficoltà) in Italia. Tale progetto ha l’obiettivo di incrementare il numero – ancora limitato - di operatori attivi in questo settore e di sostenere quelle imprese italiane che, nel loro percorso di crescita e sviluppo, sono state impattate in maniera rilevante della pandemia COVID.

A livello professionale, prima di CDP ho lavorato per molti anni nel settore della consulenza (occupandomi principalmente di due diligence strategiche e analisi di piani industriali per i principali fondi di Private Equity italiani). Sono membro NOVA dal 2011, dopo aver conseguito il Master in Business Administration alla IE Business School a Madrid. Negli anni ho sostenuto varie iniziative dell’universo NOVA e progetto specifici come Mentor4you, per il quale sono Mentor da ormai tanto tempo con interesse e soddisfazione personale.

 

A livello macro l’Italia ha passato dei momenti complicati mentre adesso c’è un maggiore ottimismo nell’aria, condividi con me quest’idea, che quindi dovrebbe ridurre il dealflow dei fondi di turnaround, oppure vedi un mercato in crescita?

E’ sicuramente vero che le condizioni generali di mercato sono in fase di miglioramento a seguito della pandemia anche se nel medio termine permangono delle importanti criticità. Da un lato abbiamo osservato una positiva - seppur moderata - evoluzione delle congiunture economiche a seguito della pandemia (come confermato dalle ultime analisi di Banca d’Italia il PIL è previsto in crescita dello 0,6% anno su anno dal 2023 al 2024 e del 2,2% cumulato per il prossimo biennio 2025-2026, mentre il tasso di disoccupazione è atteso diminuire dal 7,7% a fine 2023 al 6,2% a fine 2026), anche grazie alle politiche messe in atto dal Governo (e.g. “finanza Covid”) che hanno sicuramente contribuito a ridurre nel breve termine il numero di aziende in distress finanziario e il tasso di fallimento. D’altra parte, la situazione per molte imprese risulta ancora difficile – anche a causa di una costante incertezza della situazione geopolitica globale - e alcune di queste misure governative messe in atto (in particolare i debiti assisiti da garanzia pubblica che si stanno avvicinando a naturale scadenza), per quanto efficaci nel breve termine, possono avere l’effetto “collaterale” di ritardare l’evidenziarsi degli effetti di varie situazioni patologiche, le quali a loro volta richiederanno alle imprese in difficoltà una nuova strategia di rifinanziamento nei prossimi mesi. E’ in questo contesto che un operatore di turnaround può entrare in gioco nel supportare in maniera rilevante l’impresa in crisi.

 

Generalizzare è sempre impossibile, ma quali sono i principali problemi che determinano l’insorgere di una crisi aziendale? Sono più importanti i fattori esogeni, ad esempio cambiamenti di mercato, od endogeni, ad esempio il team od il prodotto dell’azienda?

Una delle principali sfide per un operatore di un fondo di ristrutturazione è quella di evidenziare in maniera puntuale gli impatti delle diverse cause - endogene ed esogene - della crisi di un’impresa nonché valutare in che misura queste situazioni patologiche siano reversibili grazie all’intervento tempestivo del fondo.

In generale, le società in crisi presentano tipicamente un mix di fattori scatenanti che spesso rendono non facile l’analisi dell’investimento e la messa a terra degli strumenti di risanamento.

Sicuramente i fattori esogeni (come successo durante il COVID in molti settori) possono avere un impatto significativamente negativo e i rimedi andrebbero fronteggiati a livello sistemico e non di singola operazione. I fondi di turnaround possono, invece, intervenire con ampio spazio di manovra sulle cause endogene (prodotto, indebitamento, management, gestione del circolante, etc.) ed è lì che andrebbero concentrati gli sforzi del team di gestione per mettere le basi sia al rilancio dell’impresa che al ripristino del suo posizionamento competitivo.

 

Qual è il segreto nella scelta di un bravo manager di turnaround? Ci racconti step by step cosa deve fare un manager, magari un membro NOVA, che voglia lanciare un fondo di turnaround?

Comincio con una doverosa premessa. Le chiavi di successo in questo settore sono estremante diversificate ed è complicato individuarle in un singolo manager, in quanto la materia è molto complessa e tocca in maniera ampia tematiche economico/settoriali, finanziarie e di padronanza dei principali strumenti di regolazione della crisi.

L’operatività nel day-to-day è inoltre molto onerosa e necessita dell’intervento di consulenti e manager della crisi altamente specializzati durante il ciclo di vita del fondo e più nello specifico durante le fasi di investimento e rilancio delle imprese target.

Infine, la regolamentazione che impatta le società di gestione di risparmio e gli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) in Italia ha degli standard elevatissimi di vigilanza e richiede persone dedicate e competenze specifiche.

Inoltre, stiamo cominciando a osservare che, nonostante il grosso degli sforzi richiesti ai manager durante il percorso di turnaround riguardi il risanamento delle società, la componente di sostenibilità sta diventando sempre più importante nell’analisi delle società target.

I fattori di successo vanno pertanto individuati nella totalità delle competenze messe sul tavolo dall’intera squadra che intende avviare un nuovo progetto e sono, tra gli altri:

1)     Team di gestione diversificato e altamente focalizzato, con il giusto mix di competenze e anni di esperienza in materia di risanamento aziendale, nonché della gestione del ciclo di vita del fondo;

2)     Velocità nell’intercettare le società target sul mercato nel momento ideale del risanamento e capacità di negoziazione con tutti gli stakeholder interessati (azionisti, manager, banche e altri creditori) facendo potenzialmente leva su tutti gli strumenti giudiziali e stragiudiziali offerti dal legislatore, i quali negli ultimi anni sono diventati sempre più flessibili sia per facilitare il rientro in bonis delle target che per ridurre i costi “indiretti” di risanamento;

3)     Ultimo ma non meno importante, la capacità del team di fare fundraising con i principali investitori con l’obiettivo di far raggiungere al fondo una corretta dimensione di capitale sottoscritto coerentemente con il proprio business plan.

 

Tornando alla domanda inziale, per un giovane manager appassionato del settore sarebbe pertanto ideale approdare alla fase di lancio del proprio fondo solamente dopo aver maturato alcuni anni di esperienza sia come advisor specializzato e/o presso una piattaforma/società di gestione del risparmio consolidata sul mercato oltre ad aver partecipato ad operazioni di turnaround direttamente in azienda al fine di acquisire tutte le competenze, partnership e il network necessari ad operare in maniera efficace in questo settore ed aver “affinato” i numerosi fattori di successo richiesti dal mercato.