Ciao Max, raccontaci due righe su di te. Da quasi 4 anni
lavori in CDP, ci spieghi cosa fai esattamente?
Dal 2021, anno del mio ingresso in Cassa Depositi e
Prestiti, mi occupo principalmente dello sviluppo del settore dei fondi turnaround
(focalizzati sul risanamento di aziende in difficoltà) in Italia. Tale progetto
ha l’obiettivo di incrementare il numero – ancora limitato - di operatori
attivi in questo settore e di sostenere quelle imprese italiane che, nel loro
percorso di crescita e sviluppo, sono state impattate in maniera rilevante
della pandemia COVID.
A livello professionale, prima di CDP ho lavorato per molti
anni nel settore della consulenza (occupandomi principalmente di due diligence
strategiche e analisi di piani industriali per i principali fondi di Private
Equity italiani). Sono membro NOVA dal 2011, dopo aver conseguito il Master in
Business Administration alla IE Business School a Madrid. Negli anni ho
sostenuto varie iniziative dell’universo NOVA e progetto specifici come
Mentor4you, per il quale sono Mentor da ormai tanto tempo con interesse e
soddisfazione personale.
A livello macro l’Italia ha passato dei momenti
complicati mentre adesso c’è un maggiore ottimismo nell’aria, condividi con me
quest’idea, che quindi dovrebbe ridurre il dealflow dei fondi di turnaround,
oppure vedi un mercato in crescita?
E’ sicuramente vero che le condizioni generali di mercato
sono in fase di miglioramento a seguito della pandemia anche se nel medio
termine permangono delle importanti criticità. Da un lato abbiamo osservato una
positiva - seppur moderata - evoluzione delle congiunture economiche a seguito
della pandemia (come confermato dalle ultime analisi di Banca d’Italia il PIL è
previsto in crescita dello 0,6% anno su anno dal 2023 al 2024 e del 2,2%
cumulato per il prossimo biennio 2025-2026, mentre il tasso di disoccupazione è
atteso diminuire dal 7,7% a fine 2023 al 6,2% a fine 2026), anche grazie alle
politiche messe in atto dal Governo (e.g. “finanza Covid”) che hanno
sicuramente contribuito a ridurre nel breve termine il numero di aziende in
distress finanziario e il tasso di fallimento. D’altra parte, la situazione per
molte imprese risulta ancora difficile – anche a causa di una costante
incertezza della situazione geopolitica globale - e alcune di queste misure
governative messe in atto (in particolare i debiti assisiti da garanzia
pubblica che si stanno avvicinando a naturale scadenza), per quanto efficaci
nel breve termine, possono avere l’effetto “collaterale” di ritardare
l’evidenziarsi degli effetti di varie situazioni patologiche, le quali a loro
volta richiederanno alle imprese in difficoltà una nuova strategia di
rifinanziamento nei prossimi mesi. E’ in questo contesto che un operatore di
turnaround può entrare in gioco nel supportare in maniera rilevante l’impresa
in crisi.
Generalizzare è sempre impossibile, ma quali sono i
principali problemi che determinano l’insorgere di una crisi aziendale? Sono
più importanti i fattori esogeni, ad esempio cambiamenti di mercato, od
endogeni, ad esempio il team od il prodotto dell’azienda?
Una delle principali sfide per un operatore di un fondo di
ristrutturazione è quella di evidenziare in maniera puntuale gli impatti delle
diverse cause - endogene ed esogene - della crisi di un’impresa nonché valutare
in che misura queste situazioni patologiche siano reversibili grazie
all’intervento tempestivo del fondo.
In generale, le società in crisi presentano tipicamente un
mix di fattori scatenanti che spesso rendono non facile l’analisi
dell’investimento e la messa a terra degli strumenti di risanamento.
Sicuramente i fattori esogeni (come successo durante il
COVID in molti settori) possono avere un impatto significativamente negativo e
i rimedi andrebbero fronteggiati a livello sistemico e non di singola
operazione. I fondi di turnaround possono, invece, intervenire con ampio spazio
di manovra sulle cause endogene (prodotto, indebitamento, management, gestione
del circolante, etc.) ed è lì che andrebbero concentrati gli sforzi del team di
gestione per mettere le basi sia al rilancio dell’impresa che al ripristino del
suo posizionamento competitivo.
Qual è il segreto nella scelta di un bravo manager di
turnaround? Ci racconti step by step cosa deve fare un manager, magari un
membro NOVA, che voglia lanciare un fondo di turnaround?
Comincio con una doverosa premessa. Le chiavi di successo in
questo settore sono estremante diversificate ed è complicato individuarle in un
singolo manager, in quanto la materia è molto complessa e tocca in maniera
ampia tematiche economico/settoriali, finanziarie e di padronanza dei
principali strumenti di regolazione della crisi.
L’operatività nel day-to-day è inoltre molto onerosa
e necessita dell’intervento di consulenti e manager della crisi altamente
specializzati durante il ciclo di vita del fondo e più nello specifico durante
le fasi di investimento e rilancio delle imprese target.
Infine, la regolamentazione che impatta le società di
gestione di risparmio e gli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del
Risparmio) in Italia ha degli standard elevatissimi di vigilanza e richiede
persone dedicate e competenze specifiche.
Inoltre, stiamo cominciando a osservare che, nonostante il
grosso degli sforzi richiesti ai manager durante il percorso di turnaround
riguardi il risanamento delle società, la componente di sostenibilità sta
diventando sempre più importante nell’analisi delle società target.
I fattori di successo vanno pertanto individuati nella
totalità delle competenze messe sul tavolo dall’intera squadra che intende
avviare un nuovo progetto e sono, tra gli altri:
1) Team di gestione diversificato e altamente focalizzato, con il giusto mix di competenze
e anni di esperienza in materia di risanamento aziendale, nonché della gestione
del ciclo di vita del fondo;
2) Velocità nell’intercettare le società target sul mercato nel momento ideale del risanamento e
capacità di negoziazione con tutti gli stakeholder interessati (azionisti,
manager, banche e altri creditori) facendo potenzialmente leva su tutti gli
strumenti giudiziali e stragiudiziali offerti dal legislatore, i quali negli
ultimi anni sono diventati sempre più flessibili sia per facilitare il rientro
in bonis delle target che per ridurre i costi “indiretti” di risanamento;
3) Ultimo ma non meno importante, la capacità del team
di fare fundraising con i principali investitori con l’obiettivo di far
raggiungere al fondo una corretta dimensione di capitale sottoscritto
coerentemente con il proprio business plan.
Tornando alla domanda inziale, per un giovane manager appassionato del settore sarebbe pertanto ideale approdare alla fase di lancio del proprio fondo solamente dopo aver maturato alcuni anni di esperienza sia come advisor specializzato e/o presso una piattaforma/società di gestione del risparmio consolidata sul mercato oltre ad aver partecipato ad operazioni di turnaround direttamente in azienda al fine di acquisire tutte le competenze, partnership e il network necessari ad operare in maniera efficace in questo settore ed aver “affinato” i numerosi fattori di successo richiesti dal mercato.
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