Storie di successo dalla Community: intervista a Carlotta Siniscalco, Partner @ Emergence Capital – Nova MBA

Storie di successo dalla Community: intervista a Carlotta Siniscalco, Partner @ Emergence Capital

  • Laurea alla Warthon School, Analista in Goldman Sachs, MBA alla Stanford University e adesso Partner in Emergence Capital. Tra i tuoi tanti successi, qual è quello da cui hai tratto più soddisfazione e perché?

Essere una donna partner è un bellissimo traguardo, ma rimane un punto di partenza: devo ancora dimostrare il mio valore e investire in aziende che cambieranno il mondo della tecnologia. Inoltre, spero di non essere l’ultima donna partner da Emergence.

La soddisfazione vera viene dal percorso che ho fatto nell’arrivare fin qui. Il tratto più scosceso è stato quando, a 18 anni, ho lasciato l’Italia, con le sue sicurezze, e sono andata a vivere in un paese a me del tutto sconosciuto: gli Stati Uniti. Questa è stata senz’altro l’esperienza di crescita personale più forte della mia vita e che mi ha aiutato tanto anche a vivere con più serenità gli anni di Warthon; sono riuscita ad abbracciare un nuovo modo di essere che mi ha poi permesso di integrarmi ed avere successo nella società americana.

  • Da Italiana che vive ormai da molti anni negli Stati Uniti, quali sono le differenze culturali che trovi più spiccate tra i due approcci al mondo lavorativo? Come sei riuscita a conciliarli al meglio?

Sono arrivata negli Stati Uniti con una mentalità italiana “risk adverse”, mentre qui è tutto il contrario, essendoci molta più apertura al rischio. Inoltre, negli USA è più facile andare avanti per meritocrazia e dare più importanza alle esperienze lavorative fatte; al contrario, in Italia tendenzialmente si preferisce ancora gestire le promozioni in base alla seniority.

Un altro elemento di differenza è il tempo: negli Stati Uniti succede tutto subito, grazie ad un’infrastruttura che lo permette. In Italia, almeno per ora, le tempistiche sono più lente.

  • Un tema a te caro è l’avanzamento delle donne del mondo del Venture Capital: quali sono secondo te delle iniziative che andrebbero messe in piedi per accelerare il cambiamento?

A me interessa che ci siano più donne in questo settore principalmente perché, fintanto che ci sono donne nel Venture Capital, saranno finanziate più aziende di tecnologia che hanno alla guida, o nel Board, una donna; siamo tutti biased e tendiamo, di conseguenza, a “finanziare” chi è più simile a noi. Avere a disposizione decision-makers differenti è necessario per far partire aziende più diversificate che creano un sacco di cambiamento e ricchezza.

Per procedere in questo campo ci vorrebbero, innanzitutto, più esempi: se tutti quelli che arrivano in cima sono uguali, più difficilmente pensa di poter arrivare chi non presenta le stesse caratteristiche. È scoraggiante, di conseguenza, sapere che in America solo il 9% dei decision-makers in venture capital siano donne.

In secondo luogo, sarebbe utile insegnare alle giovani ragazze delle skills che le possano avvantaggiare e rendano più semplice il loro ingresso nel mondo del Venture Capital. Nasce tutto dall’educazione. Nel pratico, potrebbero essere organizzati workshop, con giovani studenti, per spiegare loro cosa è il Venture Capital; oppure insegnare loro a sapersi vendere, capire cosa ognuno di loro può “portare in tavola”. Difatti, mentre gli uomini sono tendenzialmente più incoraggiati a “farsi avanti”, sin da bambini, le donne non beneficiano dello stesso trattmento e, di conseguenza, in generale si sentono meno a loro agio nel chiedere una mano, un suggerimento, o a promuoversi in base alle proprie esperienze e conoscienze. Il dato piu comune che viene citato a riguardo è che le donne fanno domanda a un lavoro solo se si sentono qualificate al 100%, mentre invece gli uomini mandano il loro curriculum se ritengono di avere il 60% delle capacità richieste dal lavoro.

  • Ad oggi ci sono ancora pochi italiani nei fondi di Venture Capital (soprattutto se li paragoniamo ai fondi di Private Equity o alle Banche d’Investimento): che suggerimento daresti a studenti o alumni MBA interessati al settore del Venture Capital? Cosa dovrebbero (o non dovrebbero!) fare?

Dal report annuale di Atomico sullo status del VC europeo risulta che l’Italia è in una posizione inferiore, rispetto a molti degli altri paesi, per investimenti fatti: se in tutto il mondo le opportunità per lavorare nel settore Venture Capital sono poche, in Italia lo sono ancora di meno. Per studenti italiani interessati ad entrare in questo mondo è consigliabile, difatti, partire da un altro paese e trasferirsi in Italia solo successivamente. Molto utile è andare, sin da giovani, nel posto in cui si può imparare il più possibile, per potersi poi posizionare da “vincente” nel paese d’interesse, che sia o no la madrepatria.

Nel caso in cui studenti MBA abbiano il desiderio di lavorare nel settore Venture Capital negli Stati Uniti, sarebbe ottimale trovare un tirocinio fin da subito, in un’azienda americana Tech o in un fondo VC, ed imparare ad articolare il proprio edge: il settore del Venture Capital è uno dei più ambiti e ognuno si trova in competizione con moltissime di persone. Cosa ci rende unici?

Approfittarsi dell’MBA per fare networking, connettersi con aziende e usare come biglietto da visita il corso di studi durante le conversazioni con i venture capitalists è un ottimo punto di partenza. Un altro consiglio è di mandare più mail possibili dall’indirizzo della Business School: la response rate sarà sicuramente molto più alta. In conclusione: conviene usare questo indirizzo mail per fare networking, sviluppare un’opinione su uno o due temi di interesse e poi usare questo work product per entrare all’interno di fondi VC.

  • Per concludere torniamo a parlare di successo: cos’è, per te, il successo? Che consiglio daresti alla te stessa di tanti anni fa?

Per me il successo non è un punto di arrivo ma il tragitto. Nella vita, specialmente le persone che fanno un MBA, che di solito sono intense e ambiziose, avranno tre o quattro carriere diverse nella vita; anche i punti di arrivo saranno tanti. L’importante è essere orgogliosi del modo in cui arriviamo ai nostri piccoli traguardi e continuare a voler migliorare anche quando siamo più avanti e ci sentiamo arrivati. “La vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”.

Se dovessi dare un consiglio alla me di tanti anni fa: quando sei in un settore competitivo, è facile confrontarsi con gli altri e perdere di vista il punto di arrivo nel lungo periodo. Tieni duro e non mollare: se ti senti di fare le attività giuste, abbi fede ché i risultati arriveranno. Trova la tua motivazione nel crescere e non nel punto di arrivo.

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