Innovazione e crisi: sognare un ‘moonshot’ senza dimenticare il Pianeta Terra – Nova MBA

Innovazione e crisi: sognare un ‘moonshot’ senza dimenticare il Pianeta Terra

Intervista ad Aldo Uva, Chief Operating Officer, Chief R&D Officer and President Americas presso LIVEKINDLY Co. and former Chief Operating Officer and Chief Open Innovation Officer presso Ferrero

di G. Libonati e A. Signori


Aldo UvaIl Covid-19 ci ha messo di fronte ai nostri limiti:

Perseguiamo l’obiettivo di andare su Marte, ma ci siamo dimenticati di prenderci cura del Pianeta Terra: Houston, we have a problem!”.

L’innovazione che abbiamo portato avanti fino ad oggi è davvero quella più rilevante? Abbiamo investito le risorse disponibili in ciò che conta davvero? Da questa semplice quanto profonda riflessione inizia la nostra chiacchierata con Aldo Uva, Chief Operating Officer, Chief R&D Officer and President Americas presso LIVEKINDLY Co. (azienda che opera nell’industria alimentare plant-based).

Riflettendo sugli attuali modelli economici, sui modelli operativi e soprattutto sulle pratiche dell’industria alimentare, oggi caratterizzate da sistemi insostenibili a livello ambientale ed economico, Aldo ci ricorda che la crisi generata dal Covid-19 presenta un’occasione unica di ripensamento e ci pone di fronte ad un’opportunità di natura economica ed etica: citando Churchill, “Never waste a good crisis”.

Secondo la filosofia della Singularity University, per raggiungere un “moonshot” ed una crescita esponenziale è necessario un “massive transformational goal” che guidi la strategia: qual è l’obiettivo più alto che vogliamo porci per ripartire in maniera sostenibile?

 

Innovazione e crisi: quali sono le best practices e quali le false partenze da evitare?

Partirei dal fare qualche domande: ad esempio, l’innovazione portata avanti fino ad oggi sta aiutando l’evoluzione in maniera corretta? Quando riflettiamo sulle situazioni che avvengono e ci ritroviamo a doverci difendere senza armi pronte come sta accadendo durante il Covid-19, ci chiediamo: fino ad ora, abbiamo davvero investito nell’innovazione che conta? A ben guardare, stiamo perseguendo l’obiettivo di andare su Marte, ma ci siamo dimenticati di prenderci cura del Pianeta Terra. Per usare una famosa citazione: ‘Houston, we have a problem!”.
Nell’innovazione ci sono tre stadi: il ‘now’, il ‘next’ ed il ‘beyond’. Sul ‘Now’ è troppo tardi per agire, rispetto al ‘Next’ possiamo prendere decisioni ma dobbiamo muoverci in fretta, mentre è il ‘Beyond’ il terreno dove possiamo intervenire nella maniera più corretta, ricordando che pianeta e umanità devono rimanere al centro dei processi di innovazione perché non può esistere un’innovazione che prescinda dal fattore uomo.
Ad esempio, parlando con alcuni Professori della Singularity University (di cui sono Alumnus) è emerso il tema dell’”ageing as sickness”: si stanno investendo capitali ingenti per combattere l’invecchiamento ed allungare la vita fino a 120-130 anni. Ironia della sorte, oggi il Covid-19 sta impattando la vita di persone molto più giovani. Quindi dobbiamo chiederci: stiamo toccando le corde giuste? Quando parliamo di innovazione, dobbiamo capire su cosa centrare i nostri sforzi: dobbiamo ripartire dallo ‘human being’.  

La sostenibilità è stato uno dei grandi topic degli ultimi anni. Con lo scoppiare della crisi, si faranno passi indietro per proteggere il profitto (anche quando meno sostenibile), oppure si abbraccerà uno stile di vita più consapevole?

Sono convinto che ci sarà un’accelerazione verso la sostenibilità e ci si renderà conto che molti modi di vivere non sono sostenibili e sono costosi, per il Pianeta ma anche per i cittadini.
‘Live Kindly’, l’azienda di cui faccio parte, si fonda su tre pilastri: “humanity wellbeing”, “planet health” e “agricultural wealth”. Il terzo pilastro è particolarmente importante per la sostenibilità: pensiamo alle pratiche dell’attuale industria alimentare: ad oggi l’80% del pollo che si consuma in Sud Africa proviene dal Brasile perché ha un costo più basso che produrlo localmente. Questa è una distorsione indescrivibile: diventa necessario l’accorciamento della supply chain per portare ad un nuovo sistema economico benefico verso sostenibilità e profitti.
Sarà fondamentale per le aziende investire in progetti di sostenibilità in modo mirato e concreto per non disperdere le energie e “mettere una bandierina” a fine anno. Alcune aziende arrivano ad investire cifre importanti sulla sostenibilità, ma disperdendo gli sforzi su centinaia di progetti diversi: riducendo gli investimenti ma canalizzandoli meglio, sostenibilità e profitti diventano conciliabili.
È importante lavorare sulla moralità del profitto: abbiamo un’occasione per farlo nei prossimi 24 mesi. Dobbiamo evitare di voler mantenere un Ebit al 15-16%, ma accettare una riduzione temporanea dei profitti e investirli per cambiare sistema, partendo dalla reinvenzione del prodotto e dall’accorciamento della supply chain: se non lo facciamo, ci saranno altri Covid-19.
Un altro passaggio importante è capire che non dobbiamo cambiare le persone ma cambiare quello che le persone mangiano, perché come mangiamo adesso non è sostenibile. Non dobbiamo necessariamente mangiare plant-based, ma accorciare le supply chain generando ricchezza. Pensiamo al Ghana e alla Costa d’Avorio, dove si coltiva il 70% del cacao. Il 98% dei contadini in questi Paesi vive sotto il livello di povertà: guadagnano 85 centesimi di dollaro al giorno. Questo avviene perché la trasformazione del prodotto (che è la fase in cui si crea valore) non avviene in questi Paesi, ma è esportata all’estero. Diventa quindi necessario mantenere le prime fasi della lavorazione – dal seed al silos – nei paesi di origine per creare ricchezza localmente: le aziende che continueranno a fare sostenibilità solo “ex-post” non sopravvivranno.

Sui social spopolano foto di raffinate ricette, come parte di un grande Master Chef collettivo. Il lock-down ha sicuramente cambiato le nostre abitudini e ci ha riportati ad un mondo dove si ha tempo e voglia per cucinare. Questa inversione di tendenza nel modo di consumare e percepire il cibo è destinato a restare o è una ‘moda’ temporanea?

Credo che questo trend continuerà. La grande differenza rispetto a prima è che oggi iniziamo a sentirci liberi a casa: la casa è diventata la nostra fortezza dove ci sentiamo sicuri e dove siamo portati a sperimentare, mentre prima per sperimentare si andava fuori.
Tornare a fare pane e pasta in casa o inventare ricette esotiche con fantasia e creatività ci sta facendo scoprire una ricchezza diversa, fatta di riti. Ci prendiamo del tempo: ad esempio per fare colazione e per riflettere e organizzare la nostra giornata. Questo cambiamento di ritmi rimarrà e costringerà l’industria del food a diventare protagonista non solo sullo scaffale del supermarket, ma anche in casa, nuovo luogo centrale delle nostre vite. Cambieranno anche i prodotti: si metterà a fuoco la differenza tra prodotti ultra processati e prodotti naturali. È un buon trend che genererà ricchezza e ridurrà l’impatto sull’ambiente, portando ad un mondo più bilanciato e in asse… Never waste a good crisis! 

Siamo curiosi di saperne di più sulla ‘Singularity University’: ci racconti un po’ la tua esperienza?

La Singularity University più che una “scuola” è un vero e proprio modo di pensare che si fonda su tre pilastri. Il primo è la tecnologia che riesce a ridurre moltissimo i costi e ad essere il motore fondamentale del cambiamento; il secondo è la crescita esponenziale (invece che lineare) per quelle aziende che sapranno utilizzare la tecnologia per creare prodotti e servizi molto rapidamente e a basso costo; il terzo è di ambire ad un obiettivo gigantesco senza porsi limiti (ovvero un Massive Transformational Goal o MTG).
La combinazione di un MTG creato da un’azienda con una crescita esponenziale generata dall’utilizzo della tecnologia è l’idea alla base della Singularity University: la crescita esponenziale non nasce dal break-through di prodotto ma dalla tecnologia, che fornisce una platea e un audience molto più ampi.
Un esempio di MTG è l’obiettivo, per l’appunto, di far vivere un umano 150 anni. Solo con un’idea così ambiziosa si può realizzare un traguardo gigantesco, ovvero un ‘moonshot’. Per arrivarci, si deve iniziare dalla creazione di medicinali e modi di vivere che consentano di evitare l’invecchiamento degli organi: questo è possibile grazie alla tecnologia.
In Live Kindly, ad esempio, stiamo lavorando con Google X per capire come un computer può aiutare a scoprire dove piantare alcune tipologie di semi per avere prodotti di qualità. Questa è una rivoluzione in agricoltura: un settore che ad oggi lavora ancora per consuetudine o per ‘trials and errors’.
Il sistema proposto dalla Singularity University è tuttavia arrivato all’estremo: uscendo dalla Silicon Valley si ha difficoltà a coniugare il concetto di MTG con la vita reale. Per questo la Singularity si sta reinventando in maniera intelligente: sicuramente la tecnologia è alla base dell’innovazione e dell’esponenzialità ed è ciò che porta valore, ma si possono avere goal intermedi prima di arrivare all’MTG, procedendo per evoluzione invece che per rivoluzione.
Il grande pregio di Singularity è stimolare il cervello ad andare in direzioni completamente inarrivabili vivendo all’interno di sistemi aziendali o culturali stringenti. Un esempio tangibile nel mio caso è stato il passaggio a ‘Live Kindly’: un’azienda nata pochi mesi fa che sta crescendo ‘virtualmente’ assumendo persone via Zoom e che si pone obiettivi ambiziosi. Il suo MTG è essere il primo motore di trasformazione del settore food. Quando si ha una visione audace, tutto diventa possibile: a volte il limite è proprio non provare a pensare oltre a ciò che è possibile.
Credo molto nella generazione nata “digital”: abbracciando la tecnologia e sognando un MTG è possibile creare qualcosa di davvero innovativo che può cambiare la vita di molte persone. Per questo il mio appello ai giovani è di non limitare la propria aspirazione e non rinchiudersi mai in un ‘box’, ma ricordarsi sempre che al mondo oggi non ci sono più barriere.

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Nova

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